- Ottimizzazione della mappatura microclimatica urbana in città italiane: dal Tier 2 al Tier 3 con tecniche avanzate di analisi satellitare
- Introduzione: la sfida della variabilità termica urbana e la necessità di mappature microclimatiche precise
- Rilevanza dei dati satellitari e integrazione con il contesto italiano
- Metodologia Tier 2: dalla definizione del dominio alla validazione della mappatura
- Passo dopo passo: ottimizzazione Tier 2-Tier 3 con tecniche avanzate
- Pratica operativa e consigli per l’implementazione in contesti urbani italiani
Introduzione: la sfida della variabilità termica urbana e la necessità di mappature microclimatiche precise
Le città italiane, caratterizzate da una morfologia complessa, alta densità edilizia e variazioni climatiche locali, presentano microclimi urbani fortemente eterogenei, con isole di calore che possono raggiungere +6°C rispetto alle aree rurali circostanti. La mappatura fine di questi fenomeni è essenziale per la pianificazione climatica, la gestione del verde pubblico e la progettazione di infrastrutture resilienti. Mentre i sensori in-situ offrono dati puntuali, la copertura spaziale limitata e la scarsa frequenza temporale rendono insufficiente una visione completa. I dati satellitari, grazie alla loro capacità di monitorare ampie aree con frequenza multi-temporale, rappresentano uno strumento insostituibile per cogliere la dinamica termica urbana. Tuttavia, per ottenere mappe microclimatiche affidabili e ad alta risoluzione, è necessario superare il Tier 2 – l’approccio base basato su analisi aggregate – e adottare metodologie avanzate di fusione, downscaling statistico e modellazione integrata, che permettono di interpolare temperature e variabili correlate con precisione granulare, fino alla scala di singolo blocco urbano (BUA).
Rilevanza dei dati satellitari e integrazione con il contesto italiano
I dati Sentinel-3 (SLSTR) e Landsat 8/9 costituiscono la spina dorsale del monitoraggio termico urbano grazie alle bande termiche (TIR) con risoluzione spaziale ottimale di 100 m (Sentinel-3) e 30 m (Landsat), ideali per rilevare contrasti termici a scala quartiere. In Italia, la complessità morfologica – con città storiche, aree industriali e quartieri residenziali a diversa densità – richiede una calibrazione accurata dei parametri di superficie, come albedo, emissività e capacità termica, ottenuta integrando dati INSA (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). La sincronizzazione temporale tra acquisizioni satellitari e campionamenti in-situ (stazioni meteorologiche, reti IoT urbane) riduce l’incertezza di misura e migliora la validità delle analisi. Ad esempio, a Torino, dove la valle Piemontese amplifica gli effetti locali di ristagno termico, la fusione di dati LST con misurazioni a terra permette di validare modelli di isola di calore urbano (UHII) con precisione spaziale sub-quartiere.
Metodologia Tier 2: dalla definizione del dominio alla validazione della mappatura
Fase 1: *Definizione del dominio di analisi e suddivisione in microzone climatiche*
La prima fase richiede una delimitazione rigorosa del territorio comunale, basata su confini amministrativi, uso del suolo, densità edilizia e copertura vegetale. Utilizzando dati INSA e mappe catastali, si identificano microzone con caratteristiche termo-fisiche omogenee. In città come Bologna, dove quartieri storici con epicentri medievali convivono con aree di espansione residenziale, questa suddivisione consente di cogliere gradienti termici da +3°C a oltre +7°C tra aree ombreggiate e superfici scure. Fase 2: *Acquisizione e pre-elaborazione multi-sorgente*
Si integrano dati Sentinel-3 (canali TIR a 10.8, 11.2, 12.0 µm) e Landsat 9 (TIRS), applicando correzione radiometrica con Sen2Cor o L2TP per eliminare distorsioni atmosferiche. Pixel anomali (nuvole, riflettanza anomala, saturazione termica) vengono filtrati con median filter o algoritmi spaziali, mantenendo il 95% dei dati validi. La fusione temporale multitemporale (stacking di immagini con gap < 5 giorni) riduce l’impatto della copertura nuvolosa, fondamentale in città come Napoli, soggette a frequenti precipitazioni estive. Fase 3: *Downscaling statistico e interpolazione termica*
Si applica un modello di regressione multivariata (Random Forest) per stimare la temperatura dell’aria a terra da LST, usando come variabili indipendenti NDVI, NDVI notturno, albedo superficiale e densità di edifici derivati da LiDAR. Questo approccio supera la risoluzione spaziale dei sensori, raggiungendo fino a 20 m in aree ben caratterizzate. Fase 4: *Validazione con dati in-situ e analisi errori*
Si confrontano temperature stimate con misurazioni da reti di sensori urbani (es. progetto ENVIROtrac di Milano) o termocamere mobili. Gli errori sistematici vengono analizzati tramite mappe di residui, evidenziando bias locali (spesso +0.8°C in aree con materiali scuri) e anisotropie spaziali legate all’ombreggiamento.
Passo dopo passo: ottimizzazione Tier 2-Tier 3 con tecniche avanzate
Fase 1: *Delimitazione microzone climatiche con dati INSA e use case italiano*
– Importazione poligoni amministrativi da database comunali
– Sovrapposizione con mappe di uso del suolo (CNR Land Use) e densità edilizia
– Calibrazione parametri di superficie: albedo medio (0.15–0.35 per pavimentazioni), emissività (0.90–0.95 per materiali tradizionali), capacità termica (1.2–2.5 MJ/m²K)
– Creazione di zone climatiche: A (verde/permeabile), B (mista), C (edificato/scuro), D (mista/verde)
Esempio: a Firenze, la zona C intorno al centro storico risulta 5°C più calda rispetto alla zona D nei quartieri periferici, grazie a pavimentazioni asfaltate e scarsa vegetazione.
Fase 2: *Fusione satellitare, pre-elaborazione e validazione temporale*
– Selezione bande TIR (bands 10, 11, 12 di Sentinel-3)
– Correzione atmosferica con Sen2Cor, rimozione pixel con rapporto SNR < 5
– Fusione temporale multi-stack (7 giorni) per creare serie temporali continue, riducendo gap nuvolosi
– Calibrazione LST con curve empiriche (es. relazione lineare LST = 0.95 × TIR + 20°C per materiali calcarei)
– Validazione con reti mobili di sensori termici (es. Veicoli ENVIROtrac) mostrando un errore RMSE < 0.6°C in aree urbane dense.
Fase 3: *Downscaling statistico e integrazione con modelli microclimatici*
– Implementazione di Random Forest con variabili: LST, NDVI, NDVI notturno, densità alberi (da LiDAR), elevazione (Digital Elevation Model)
– Calibrazione locale su 50 punti strategici (piazze, parchi, tetti), minimo errore RMSE 0.4°C
– Integrazione con Urban Canopy Model (UCM) per simulare scambio radiativo e convettivo, ottenendo mappe di temperatura a terra con risoluzione 20 m
– Caso studio: Milano, dove il modello UCM integrato riduce l’errore UHII da 2.1°C a 0.7°C rispetto alla sola mappatura satellitare.
Fase 4: *Validazione avanzata e ottimizzazione iterativa*
– Analisi errori: bias spaziale da riflettanza anomala in zone industriali, saturazione termica in aree con copertura asfaltata
– Mitigazione: droni termici a bassa quota (altitudine 50–100 m) per validazione fine-focus (±5 m di risoluzione), correzione tramite ML (Random Forest + CNN)
– Ottimizzazione: assimilazione dati in tempo reale con sistema di data assimilation (EnKF) per aggiornare modelli con osservazioni satellitari giornaliere, migliorando previsione UHII con <0.3°C di errore.
Pratica operativa e consigli per l’implementazione in contesti urbani italiani
– **Collaborazione multi-attore**: coinvolgere enti locali, CNR, università e fornitori dati per condividere infrastrutture e standardizzare protocolli di raccolta (es. protocollo INSA per calibrazione superfici).
– **Gestione dati**: adottare formati aperti (NetCDF, GeoTIFF) e repository condivisi (es. GeoNode cittadino) per interoperabilità tra città.
– **Formazione**: corsi dedicati su GIS avanzato, machine learning per analisi termica e validazione statistica, con laboratori pratici su piattaforme come QGIS + Python (Scikit-learn, Rasterio).
– **Errori frequenti da evitare**:
– Sovrascaricamento modelli con dati non rappresentativi (es. LST da materiali riflettenti interpretati come fresco)
– Ignorare la variabilità temporale diurna notturna, fondamentale per UHII
– Assenza di validazione sul campo, che genera errori sistematici fino a 1.